Poltrone da allenatore – Dopo che si è arrivati alla fine del campionato e della stagione calcistica, ci sono squadre che hanno vinto e squadre che hanno perso. Giocatori che hanno segnato uno o più gol durante il calendario delle partite e giocatori che non hanno mai nemmeno visto la porta. Presidenti che hanno fatto un sacco di investimenti, ma che hanno perso, e altri presidenti che hanno messo poco sul piatto ma hanno portato a casa un ottimo risultato. E naturalmente anche il caso opposto: chi ha speso poco e ha ottenuto poco, chi ha speso tanto ma ha ottenuto tanto. Si potrebbe dire pareggiando la stagione calcistica.
Poltrone da allenatore
Dal lato diametralmente opposto ci sono gli allenatori. Che da sempre hanno fatto da parafulmine della situazione. Se la squadra vince loro non si meritano nulla a livello di encomio o di apprezzamento, se non nei salotti sportivi televisivi. Se la squadra perde, allora è il loro lavoro che ne risente, perché una squadra che perde non piace a nessuno. Partendo dal presidente della squadra, o fino sopra del fondo di investimento che ha comprato, fino al tifoso più piccolo e alle volte più svogliato.
In mezzo a tutto questo, quando del campionato si tirano le somme, gli allenatori sono quasi sempre i primi che devono fare le valigie. E se tutto gli va bene, possono traslocare in una squadra diversa dalla precedente. Sempre se possa andare meglio, una squadra che non vede l’ora di avere un allenatore di quel calibro.
Non si può dire quale squadra stia per prendere il miglior allenatore. Perché a parte Ancelotti e Sarri, non tutti sono in grado di fare magie. Non tutti possono regalare la coppa ambita alla propria squadra allenata. Perché principalmente un allenatore non può essere solo il curriculum che si porta dietro, ma deve essere anche il risultato che porta avanti. Deve essere segnato da un pacchetto di fiducia iniziale. Nessuno avrebbe scommesso, a parte chi lo ha fatto da ubriaco, che il Leicester con Claudio Ranieri qualche campionato fa potesse andare come un treno alla vittoria. Ma lo ha fatto in un mix di un grande allenatore e di una squadra che ci ha creduto e ha vinto.
Oppure un altro caso: la Fiorentina di Italiano. Un allenatore venuto da una media squadra come lo Spezia è riuscito tre volte su tre a portare i tifosi alla finale di Conference League. Si può forse dire che Italiano era un grandissimo allenatore al pari di altri suoi colleghi? È un allenatore bravo quanto si vuole. Ma che si è rimboccato le maniche, come farebbe chiunque vuole ottenere un risultato, e ha fatto il suo lavoro.
Il valzer delle poltrone, oltre a quello dei giocatori, è aperto. Si spera quindi che l’orchestra suoni a dovere e che nessun “ballerino” inciampi nella gonna della propria dama. Cioè che i presidenti sappiano fare la scelta giusta e che la squadra possa ben recepire sia la persona che il metodo dell’allenatore.
Con la certezza che poi, se le cose non andassero come sperato, il valzer a metà campionato possa tornare a suonare. E dame e ballerini, nel paragone del ballo, possano tornare a mischiarsi nella volontà di non affondare e di migliorare momenti disastrosi. Un po’ come ha fatto Daniele De Rossi con una Roma di cui solo un romanista sapeva le necessità.
L’articolo di armanascostefano sull’allenatore della Juventus