Ai microfoni di News.Superscommesse.it é intervenuto in esclusiva Carmine Gautieri, ex giocatore, tra le altre, di Bari, Roma e Napoli, oggi allenatore. In quest’intervista, Gautieri parla del suo piú grande rimpianto, ovvero di non essere riuscito ad allenare il Bari, attualmente a rischio retrocessione in Serie C, e dell’Atalanta, che ritiene tra i club piú importanti d’Italia.
Gautieri, non possiamo che partire dalla situazione venutasi a creare a Bari dopo il terzo esonero della stagione. Lei conosce bene la piazza, ma anche Iachini, che ha avuto a Piacenza. Sembrava il profilo giusto per tirare fuori la squadra dai guai, invece non è scattato il feeling con la squadra. Il parallelismo con Napoli viene spontaneo, trattandosi della stessa proprietà. Quando si cambia tanto il sospetto è che le colpe maggiori siano della società, più che dei tecnici…
“Purtroppo noi allenatori dipendiamo dai risultati e quando non arrivano il primo a pagare è sempre chi sta in panchina. Non voglio credere alla voce secondo la quale sarebbero stati i giocatori a chiedere l’allontanamento di Iachini. Non sarebbe stato corretto nei confronti dell’uomo e del professionista, prima ancora che di un tecnico che per la categoria è una certezza. (…) Purtroppo adesso il Bari rischia davvero grosso, ma spero e penso che possa salvarsi. Non immagino neppure una piazza così di nuovo in Serie C”.
Lei ha lasciato grandi ricordi a Bari, con la promozione in A e l’ottima annata successiva, quella del suo debutto in massima serie. Da allenatore purtroppo è andato solo ad un passo dalla panchina biancorossa, nel 2013. È stato di nuovo vicino in seguito a guidare il Bari? Avrebbe accettato un’eventuale chiamata quest’anno?
“Non essere ancora riuscito ad allenare il Bari è il più grande rammarico della mia carriera di allenatore. È un grosso rimpianto e ancora oggi non me lo perdono. Mi fa soffrire il fatto di essere ricordato dalla gente di Bari come colui che si è dimesso prima dell’inizio del campionato e non per quanto ho dato da giocatore. Eppure, dimettendomi ho rinunciato a un contratto importante anche sul piano economico. Purtroppo, da quell’anno non sono più stato contattato. Quest’anno avrei accettato al volo la chiamata del Bari per cercare di salvarlo, perché sono ancora molto legato alla piazza. Pago quella scelta sbagliata, ma la speranza di tornare in qualsiasi veste c’è ancora”.
L’ultima domanda la faccio sull’Atalanta. Lei ha giocato a Bergamo in un’epoca molto diversa da quella di oggi, nella quale la squadra faceva l’ascensore tra la Serie A e la B. C’è chi pensa che per suggellare l’era Gasperini serva mettere le mani su un trofeo e chi ritiene che notti come quella di Anfield valgano come, se non di più, rispetto alla conquista di un titolo. Lei da che parte sta?
“Non esagero se dico che l’Atalanta oggi è tra i tre o quattro club più importanti d’Italia. Sono spesso a Bergamo per vedere le partite e frequento anche Zingonia. Posso garantire che è davvero un altro mondo. Stiamo parlando di una società forte e all’avanguardia, che sa programmare e investire, anche nel settore giovanile. Vincere la Coppa Italia o l’Europa League è una possibilità, ma una notte come quella di Liverpool è già un evento storico, per il risultato e per come questo è arrivato. L’Atalanta è un valore aggiunto per il calcio italiano e vince ogni anno, a prescindere dai titoli, perché la società sa migliorarsi di continuo grazie al lavoro dei dirigenti. Gasperini è bravissimo, ma questa non è una notizia. Semmai non dobbiamo dimenticarci come tutto sia partito. Dalla difesa che la società fece del tecnico il primo anno nonostante il pessimo avvio di stagione”.