Inter Lukaku e le aspettative deluse. Un paio d’anni fa, guardando l’Inter, ci accorgevamo subito della complementarità che legava Lukaku e Lautaro. Era un’Inter diversa negli uomini ma simile nell’ossatura, se confrontata a quella di oggi. La sera del 6 gennaio 2020, sotto un freddo gelido in quel di Napoli, Antonio Conte arrivò alla sublimazione dell’attacco a due: fu la migliore prestazione della coppia, doppietta per il santone belga, partita totale e gol per l’argentino. Ancora oggi è ricordata come una delle migliori uscite dell’Inter contiana. Quell’anno non arrivò lo Scudetto e anzi, qualche mese dopo, l’undici nerazzurro assaggiò anche l’amaro argento del vicecampione, cadendo contro il Siviglia nella stringata fase finale dell’EL. La delusione fu tanta, ma preparò mentalmente e agonisticamente la squadra in vista dell’annata successiva, conclusa trionfalmente con la conquista del 19° Scudetto. La Beneamata era guidata, nelle giocate e nello spogliatoio, da un Lukaku formato condottiero spalleggiato dal luogotenente Lautaro. L’uno fisicamente imprendibile e con il sinistro in grazia, pronto a scatenarsi in ogni prateria non presidiata, l’altro fondamentale per legare i reparti oltre che nella finalizzazione, grazie anche alla nuova dimensione del belga, cucitagli addosso da Conte: quella della boa, dell’uomo su cui far convergere tutti i palloni per aprire il fronte d’attacco e mandare in gol i colleghi. Percorrendo la linea del tempo e tornando ad inizio 2023, vien da chiedere: “Dov’è finita la LuLa?”. Finora pochissimi spezzoni giocati insieme e la sola gioia di scambiarsi un favore: il gol di Lautaro su sponda di Lukaku contro lo Spezia, ad agosto. La LuLa non c’è, non è mai tornata. Proveremo ad analizzare vari aspetti – tattici, atletici e mentali – per capirne il motivo.
Inter Lukaku e le aspettative deluse, gita a Londra
Romelu non perde tempo: vincendo con l’Inter si è guadagnato la grande chance di tornare in Premier per restarci, dice. Dalla notte al giorno l’italietta che lo ha risuscitato è degna solamente di una finta lettera impacchettata, perché il suo cuore ha perso il black e si è fatto blue in un baleno. Peccato però che l’esperienza a Londra si spenga anzitempo davanti alle richieste, non esaudibili in materia tecnico-tattica, che Tuchel gli fa. Da titolare a subentrante a scaldapanchina in un mese. Dunque il belga decide di rilasciare a Sky Italia un’intervista che, guardata a posteriori, è un vero e proprio seppuku calcistico. Sviolinata all’Inter e ridolini sarcastici alle domande sui rapporti al Chelsea. Questo atteggiamento è assai indicativo della condizione precaria del calciatore. Alea iacta est: Marotta capisce che è possibile tentare la mossa, riprendendolo in prestito. E torniamo nel presente: Romelu tornato a Milano non è fischiato, anzi è osannato, parla nuovamente come capo popolo ed è pronto a caricarsi l’ambiente sulle spalle. Ci prova ed inizia anche bene, con un gol a Lecce e un assist contro lo Spezia, fino a quando i suoi muscoli non si sbriciolano come tabacco trinciato. Da quel momento tanta tribuna e qualche spezzone di campo, un Mondiale obbrobrioso e una recente partita da titolare che palesa il fatto: prima che per guai fisici, sembra non esserci con la testa, per la banalità di alcuni errori. Il ritorno faticoso all’Inter gli ha fatto capire di non essere tarato per la Premier; sta metabolizzando che a 30 anni un giocatore con il suo fisico deve gestirsi in altro modo; infine l’accoglienza generosa degli interisti scatena in lui un debito di riconoscenza che non sta riuscendo a colmare. Mentalmente, Lukaku è stritolato da quest’insieme di fattori.
Inter Lukaku e le aspettative deluse, Inzaghi vs Conte
Detto della crisi di mezza carriera e dei problemi di una muscolatura che salta alla minima sollecitazione, dobbiamo occuparci dell’aspetto tattico. C’è un Inter con Conte e un’altra con Inzaghi: pur con specularità di modulo, le due facce della medaglia non combaciano. D’altronde, non lo dico io ma lo dice Beppe Bergomi, “Lautaro gioca meglio con Dzeko ma segna di più con Lukaku”. Aggiungo io, per la filosofia opposta dei due allenatori: con Conte Lukaku è il punto focale della manovra e al tempo stesso il suo terminale, in un gioco che non bada a velleità tecniche prediligendo la profondità e il ribaltamento di fronte, lo spartito in cui il belga si muove meglio; perso il terminale Inzaghi eredita Dzeko, non certo una testa d’ariete bensì un regista avanzato con movenze da cigno: il gioco orchestrato alla Lazio – avvolgente e ampio attraverso il palleggio – è trasposto sul pentagramma interista e, una volta perfezionato, si dimostra efficace. Brozovic si trasforma: con Conte sventagliava ogni pallone trasformabile in un’apertura; con Inzaghi mantiene questo compito ma al tempo stesso è più statico, per favorire le incursioni dei colleghi di centrocampo, dedicandosi al compito di filtrare il pallone tra difesa e mezze ali. Le due versioni del croato ci fanno capire la differenza tra le due Inter: l’una giocava coperta sfruttando gli spazi e appoggiandosi a Lukaku; l’altra gioca a viso aperto e fa del palleggio il suo punto di forza, grazie anche alla qualità del suo nove attuale. Inzaghi deve aver capito che cambiare fisionomia per Romelu dal giorno alla notte è complicato: provandoci, nei primi mesi, ha perso parecchi punti. Di contro il belga, buttato in una manovra non adatta a lui, rende zero. Anche tatticamente, Romelu è orfano di un allenatore e di una squadra che giocavano per lui.