Serie A la lotta per l’Europa. Dopo aver scritto della lotta salvezza, della metà classifica – e finito l’intermezzo Mondiale – eccoci arrivati a ridosso della zona Champions. Roma, Atalanta e Lazio saranno verosimilmente le squadre che si propongono di dare fastidio ad Inter e Juve per quella che è la quarta piazza. Secondo molti l’Inter – quarta a pari punti con la Lazio – avrà vita facile ma, in momenti diversi, quelle che sono le indiziate per l’Europa League hanno dimostrato di avere le possibilità quantomeno per competere. La più enigmatica è forse stata la Roma, in questi primi quattro mesi: l’equazione che Mou fatica a mettere a sistema è la compresenza Abraham-Pellegrini-Dybala. Mi spiego: lo scorso anno la catena centrale (Cristante-Pellegrini-Abraham) era statica, poco qualitativa (escluso Pellegrini) ma assai efficace. Il 9 inglese aveva trovato la sua dimensione, tra gioco di sponda e corse nello spazio. Il punto è che poi è arrivato Dybala: con l’argentino la lupa ha guadagnato dinamismo, qualità, ritmo del gioco, sacrificando però Pellegrini in posizione arretrata. Dybala non fa il suo stesso lavoro e giocoforza la connessione con l’attaccante è venuta meno, con la Joya che ad un certo punto sembrava avere compiti a metà tra un 9 e un 10. Dunque, fin quando Paulino ha tirato il carretto tutto procedeva per il meglio, dopo il suo infortunio la Roma è faticosamente tornata al vecchio sistema, con Pellegrini che non ha ritrovato lo stesso Abraham. Sicuramente c’è anche un fattore mentale che attanaglia l’inglese, ma sei mesi di involuzione segnalano altro. Inoltre, non si capisce mai cosa abbia in mente Mou per Zaniolo, prodigio ed enigma della squadra. Dopo il Derby non è arrivata neanche una vittoria, urge l’inversione dei risultati.
Serie A la lotta per l’Europa, l’Atalanta del Gasp
La Dea ci ha fatto lo scherzetto, Gasp ci ha preso per il naso. La meravigliosa marcia dell’Atalanta, durata fino a metà ottobre, è figlia del nuovo assetto partorito dall’allenatore. Il modulo prescelto oscilla – a seconda dell’avversario – tra il 3-4-1-2 (o 3-4-3) e il 4-2-3-1. La vecchia suggestione della Dea “calcio totale” è stata messa in soffitta dopo anni di risultati senza titoli. Gasp si è di colpo fatto pragmatico, scoprendo una fase difensiva efficace con Demiral pilastro e Scalvini filtro in mediana. La nuova vita da terzino ha ridato linfa ad Hateboer, che non riusciva più a reggere gli strappi del 3-5-2, e allo stesso Maehle, il quale dopo l’esplosione iniziale ha palesato di non essere un Gosens. Anche perché il vecchio sistema con i “quinti” dava meno libertà di spaziare sul fronte offensivo ai trequartisti, messi al centro del gioco dai nuovi moduli. Se Pasalic è spento, Lookman (lui anche da 9 puro) e Koopmeiners hanno dimostrato che quella è la loro zona di campo, dietro Duvan (o Hojlund). Sostanzialmente abbiamo conosciuto una Dea attendista, meno spettacolare ma micidiale quando parte in contropiede: puoi variare quanto vuoi, ma i giocatori cardine si fiutano e si trovano a meraviglia. De Roon con l’età va arretrando e si scopre un ottimo braccetto o all’occorrenza un centrale atipico (quando gioca a 4); Ederson sta crescendo nelle prestazioni e il Gasp ci ha già fatto vedere quante cose può fare: mediano, mezzala, trequartista e addirittura esterno alto. Lo shock causato da 4 sconfitte nelle ultime 5 (contro Lazio, Napoli, Lecce e Inter) è principalmente figlio di una verità: la Dea ha qualità ma è lontana da quella delle sue contendenti. Dopo anni in contention Gasp ricostruisce. Se ritroverà equilibrio, l’Europa League è scontata.
Serie A la lotta per l’Europa, la Lazio sarrista
Da quando Sarri siede sulla panchina biancoceleste gli opinionisti sono sbizzarriti: di settimana in settimana si urla al sarrismo raggiunto, poi perso d’un tratto, infine ritrovato nella sua più sopraffina espressione. E un po’ è vero: in questo anno e mezzo la Lazio ha attraversato un’altalena di risultati tra punti altissimi (il 3 a 1 di agosto con l’Inter) e penosissimi (la figuraccia in EL). I buoni piazzamenti degli ultimi anni (sempre davanti alla Roma) si scontrano con la Lazio del “vorrei ma non posso” vista allo Stadium nell’ultima partita dell’anno, persa male con la Juve: i biancocelesti giocano bene, hanno individualità da Champions ma pagano mentalmente rispetto alle rivali che le stanno davanti. La conferma è la sconfitta – occorsa nel periodo di maggior slancio – contro la Salernitana. Se poi guardiamo agli uomini, qualcosa si è acceso con il mercato “faraonico” di Lotito: Provedel è un buon erede di Reina; Romagnoli-Casale sono un’ottima coppia di centrali; Milinkovic si conferma una colonna, Luis Alberto – quando non ha turbe – è uno spacca-partite, Cataldi si è preso la mediana e Vecino – o Basic – sono alternative di livello; Zaccagni-Felipe Anderson, quando impattano bene sul match, sono la migliore coppia di esterni alti del campionato; Ciro rimane il bomber di razza, sostituito al meglio durante la convalescenza da Pedro falso 9 (sulla scia del Mertens “sarriano”). Il punto debole sono senza dubbio i terzini, Marusic ed Hysaj. L’anno nuovo sarà decisivo: se Ciro tornerà prepotentemente a caccia di record e se il sarriball sarà oliato come nel periodo pre-Salernitana, la lotta Champions è apertissima. Avendo battuto sia la Dea che la lupa vedo nella Lazio la principale indiziata a dare fastidio a Juve ed Inter. Piazzamento Champions che sarà fondamentale per rinnovare la stella, Sergej Milinkovic.