Cristiano Ronaldo la fine di un’era. Questo dicembre non festeggeremo l’inizio del 2023. No, perché entreremo nell’anno 1 d.R. Dopo Ronaldo. Questi 20 giorni che mancano si sono rivelati fare parte dell’anno 0. Il 2022 che pure Cristiano aveva cominciato al meglio in Premier si è trasformato nell’anno dell’incubo internazionale, del decadimento fisico e psicologico, delle ultime bizze di un carattere da despota. Abbiamo appena vissuto il regresso di un calciatore giunto alla fine, e noi amanti del calcio giungiamo all’anno 0, pronti però a gustarci il nuovo a venire che ci sarà offerto dalle prossime generazioni. Ma intendiamoci: se Mbappè vincerà mai il Pallone d’Oro (e lo vincerà) lo farà nell’epoca d. R. È la fine di un’era. Mentre il rivale di sempre – Leo Messi – sgomita in mezzo al campo fornendo prestazioni pazzesche, il Cristiano di oggi è riuscito a mettere a referto solamente un rigore (ai gironi) per poi vedersi negato il sogno semifinale dai guantoni di Bonou. Vero, il suo destro non riesce più ad essere micidiale ma ieri le manone del marocchino erano più efficaci della contraerea statunitense. Ma qui c’è il punto: i due anni di differenza tra CR7 e Leo hanno fatto – eccome – la differenza, dinanzi all’ultimo grande palcoscenico per entrambi. E se la Pulga è finalmente riuscita a segnare un gol nella fase ad eliminazione diretta, Cristiano ha incredibilmente mancato l’obiettivo. Anche se – fa venire ancora più amarezza – durante questo Mondiale CR7 ha stabilito due record: primo uomo a segnare in 5 Mondiali consecutivi e primo per presenze nella storia delle nazionali con 196 gare in maglia rossa. Insomma, abbiamo detto adeus ad un pezzo di stoffa pregiata cucito nel secolare racconto del pallone.
Cristiano Ronaldo la fine di un’era, croce e delizia
Fernando Santos sembra aver perso di colpo 10 anni. Pepe in mezzo al campo è disperato, vede sfumare il suo ultimo sogno. Bruno e Bernardo, le stelle di questa squadra, si guardano attoniti. Ma Cristiano non c’è. Prende subito la via del tunnel ed entra nel suo personale buco nero: quando varca la pancia dello stadio la smorfia di delusione si trasforma in pianto, e da pianto diventa singhiozzo. Non c’è nessuno con lui, è solo. La storia dà indietro all’uomo solo al comando quello che si è costruito: un mondo ronaldocentrico le cui orbite ci sono, ma ben distanti. Non è arrivato nessun novello Galileo Galilei a suggerire a Cristiano un cambio di asse, una rivoluzione delle parti, almeno nei suoi ultimi anni di carriera. Certo anche in questo caso sarebbe intervenuta l’Inquisizione, questa volta direttamente da Madeira. Sappiamo bene come la famiglia di CR7 levi gli scudi ogni qual volta vi sia possibilità. E ovviamente nella sceneggiatura di questo capitolo ha avuto da ridire nei confronti di Santos, il cittì portoghese, che ha provato a ridimensionare il ronaldocentrismo. Ma ci ha solo provato, non poteva riuscirci. A chi si chiede il perché dico di andare a cercare qualche foto della finale di Euro 2016: Cristiano esce in lacrime dopo manco mezz’ora, con uno stiramento del legamento collaterale mediale. Zoppica, va a sedersi e non si dà pace. Dopo il primo tempo, con ghiaccio, fasciatura e andatura caracollante, non si siederà più fino al 120’. È in piedi, la faccia rossa per il marasma emotivo, gli occhi spiritati: lui e Fernando Santos arringheranno la squadra, insieme, fino alla fine. Al fischio uno salta e balla, l’altro cade a terra e piange. Ecco, forse Santos voleva estirpare il ronaldocentrismo, ma in cuor suo non poteva.
Cristiano Ronaldo la fine di un’era, chi è il più grande?
Grande il Marocco, belle le favole, bravi gli interpreti, superlativo il direttore d’orchestra. Ma al tempo stesso non posso non maledirli. Tutta la mia generazione stava aspettando quello che si sarebbe consacrato come l’evento sportivo più importante di tutti i tempi: la finale Mondiale tra Ronaldo e Messi. E invece no, perché 22 marocchini toccano il pallone che è una bellezza. Quindi nessun ultimo ballo, nessuna sfilata finale. Sarebbe stata la degna conclusione di una corsa a tappe: una gara lunga vent’anni che vede il portoghese e l’argentino corrersi e rincorrersi sul 17 (7+10) orizzontale di un cruciverba il cui quesito è: “Chi è il più grande?” Sciocco io a poter pensare di rispondere a questa domanda in poche righe. Quindi la risolverò con questa affermazione, maturata dopo aver sentito le mille voci autorevoli di questi giorni: Messi e il più forte, Ronaldo è il più grande. Anche se Leo andasse a prendersi questo Mondiale la penserei così. Messi è quell’attaccante che quando prende il pallone non sai mai cosa aspettarti: è tecnica, è estro, è l’ultimo vero giocoliere del calcio moderno. Ronaldo è quell’attaccante che quando prende il pallone sai già quali opzioni avrà: è strapotenza fisica, è tenacia, è il miglior finalizzatore della storia, è l’ultimo vero goleador del calcio moderno. L’imprevedibilità contro la sicurezza. Messi ti fa svenire, Ronaldo ti fa godere. L’uno è l’estasi, l’altro l’appagamento. Finisce dunque un periodo aureo: sebbene Leo durerà ancora un paio d’anni la dicotomia termina qui. La relazione bilaterale tra i due più grandi interpreti del pallone è giunta al capolinea: l’anno 1 d.R. vedrà un Messi senza il suo termine di paragone a solcare i campi europei. Stiamo davvero per conoscere un nuovo mondo. Senza CR7 e presto senza Leo. Obrigado Cristiano.