Mondiali il Giappone vince il girone. “La più grande partita di tutti i tempi”: così Fumio Kishida, Premier nipponico, al telefono con la squadra. Una definizione amplificata ma al contempo giustificata dalla portata dell’evento. Il Sol Levante non è tramontato nel girone più tosto del Mondiale. Ieri all’alba, nella terra del sumo e del judo, del Tao e dello Shinto, delle pagode e dei grattacieli, le strade si sono vestite a festa. Gli incroci più trafficati del mondo, nella Tokyo Capitale d’Oriente, venivano invasi da folle festose di giovani e non che neanche i fischietti dei vigili più precisi della terra sono riusciti a sedare. Per una volta la gioia ha travalicato la compostezza e il rigore, in una nazione – similmente all’Italia – dove la decrescita demografica e l’innalzamento dell’età media sono una costante. Proprio per questo motivo fa bene sentire la narrazione della notte: una lunga attesa fino alla partita, il primo tempo che allontanava le speranze ed un secondo che neanche il miglior sceneggiatore di Holly e Benji avrebbe saputo scrivere. Il tutto inserito nell’atipico scenario della Tokyo scintillante piena di locali notturni, così distante dall’immagine che ci siamo costruiti dell’Oriente estremo. Poi la grande gioia, tra macchine bloccate e gente che correva a lavorare: la macchia di persone con indosso la maglia dei Samurai Blu si espandeva man mano mentre il sole “si levava”. Un’incredibile manifestazione di trasporto popolare, rara in un paese ordinato e soporifero come il Giappone, che verrà tramandata a figli e nipoti. “Adesso ti racconto di quando abbiamo vinto il girone dei Mondiali 2022 contro Germania e Spagna”. E il piccolo giapponesino rimarrà sbalordito.
Mondiali il Giappone vince il girone, sfide epiche
Nel paese dall’immaginario epico, spirituale e mistico, l’impresa assume contorni teatrali. Dopo il sorteggio nessuno aveva chiesto al Giappone questo miracolo, già una vittoria contro la Costa Rica sarebbe bastata. Ma lo spogliatoio guidato da Nagatomo – nel frattempo elevato a Super Sayan God con capelli rossi – ha travisato il messaggio: contro gli americani è arrivata la sconfitta, a fare da intermezzo al doppio successo contro teutonici e iberici. Due vittorie accomunate dallo stesso copione. La Germania sembrava in controllo tra uno sbeffeggio di Rudiger e un gol mangiato da Musiala, fino a capitolare nel giro di dieci minuti sotto i fendenti di Doan e Asano. Ieri la dirompenza giapponese è stata ancora più fulminea: dopo un primo tempo di dominio delle Furie Rosse i Samurai Blu hanno ribaltato il tutto in tre minuti. Un nome una garanzia, sempre Doan Ritsu, sempre dalla panchina: prima, con la complicità di Unai Simon, scaraventa un sinistro non irresistibile in rete; poi favorisce l’azione che manda la Germania a casa, con quell’immagine galeotta che non ha fatto dormire i tedeschi. Il pallone sembra uscito ma è dentro di un millimetro, secondo i microchip: la sfera rimessa in area accarezza il palo e viene spinta in rete da Tanaka. C’è chi grida al biscotto, ma la realtà è che nel girone “montagna russa” gli stessi spagnoli hanno avuto un piede sull’aereo al vantaggio della Costa Rica. La Germania ha fatto il suo ma non è bastato: per la seconda volta consecutiva è fuori dagli ottavi. Il Giappone ha compiuto la più grande impresa calcistica della sua storia, scrivendo anche un record non invidiabile, ovvero l’aver vinto un match ai Mondiali con il 17% di possesso palla, contro i maestri di Luis Enrique. La cosa più bella, e carica di significato, sono le esultanze: ad ogni gol la panchina scatta in piedi e corre verso il marcatore, nessuno escluso. I Giapponesi possono insegnarci la coesione e il fare gruppo, due aspetti che formano l’architrave di questo trionfo. Ora contro la Croazia è permesso sognare, soprattutto se il solito Doan partirà dalla panchina.
Mondiali il Giappone vince il girone, 30 anni di professionismo
La Nationalmannschaft ha un secolo di storia alle spalle, lo stesso la Roja. Anche in Giappone si solcano rettangoli verdi dagli anni venti, ma il professionismo è arrivato solo nel ’92, con la nascita della J-League. Questo passaggio era inserito nella trasformazione del paese in una superpotenza globale, iniziato negli anni ’70. Se il Mondiale fu un miraggio per anni, con la riforma del campionato si apre una nuova stagione di crescita sportiva: la disciplina eclissata per anni dalle arti marziali e dal baseball rappresentò una grande scoperta per la cultura di massa, tanto che per il ventennio seguente la Coppa d’Asia divenne appannaggio del Giappone, vincitore di 4 edizioni, l’ultima nel 2011. Anche quel Mondiale che era solo un sogno divenne realtà: da Francia ’98 a Qatar ’22 i nipponici si sono sempre qualificati, e nel 2002 – insieme alla Corea del Sud – hanno ospitato la rassegna, vincendo il proprio girone. Dopo vent’anni – e altre due partecipazioni agli ottavi, ’10 e ’18 – il Giappone è tornato a vincere un gruppo, ma con tutt’altro sapore, spegnendo le ambizioni di una Germania che anche quest’anno non potrà superarci per numero di Mondiali vinti. E anche per questo motivo agli ottavi faremo un po’ tutti il tifo per i Samurai Blu, sognando quei quarti di finale che significherebbero apoteosi. Anche se, intendiamoci, il Giappone ha già compito il suo miracolo sportivo.