Ribery ritiro del fuoriclasse. Franck Ribery è stato un grande calciatore, un fuoriclasse. Non solo per aver giocato in una squadra demolitrice del proprio campionato oltre un decennio, facendo razzia di trofei nazionali e non. Da Boulogne-Sur-Mer a Salerno chi lo ha visto giocare se ne è innamorato. Ci sono pochi uomini in grado di legarsi alla maglia, figuriamoci a più casacche; a Franck ciò è sempre riuscito naturale: calciatore cosmopolita adottato con affetto da tutti, in nessuna piazza è risultato fuori posto. Dalle città della Manica ad Istanbul e Marsiglia, da qui a Monaco e dalla Baviera all’Italia, il suo ultimo grande amore. Un viaggio a tappe che l’ha reso giocoliere sopraffino del pallone e uomo sensibile e leale. Una persona buona con il soprannome di Scarface, curioso no? Voglio ribaltare la citazione: la scared face era quella dei difensori che si trovava davanti. Per la serie dei paragoni ingombranti, qualche giorno fa un mio amico guardando un video tributo su YouTube diceva: “Pazzesco, come ricorda Kvara…”. E io scandalizzato: “No. Cristo. In Kvara rivedi qualcosa di Ribery, semmai, non iniziamo…”. Lo preciso ora perché non siamo qui a cercare eredi o ad analizzare ogni singola giocata. Anche se è vero, sono simili, hanno la stessa dirompenza quando corrono verso il fondo, ma quello che ha fatto Franck lo rende imparagonabile ad altri. Semplicemente perché è stato unico, elevandosi a fenomeno popolare. La palla incollata al piede e quella facilità di far cadere come birilli gli avversari (come Messi con Boateng, più volte, ma meno commerciali) sono state le sue maggiori qualità, che per adesso rivedo in pochi. Da un lato quelle sterzate nell’area piccola che ti fregavano, dall’altro le sgroppate a campo aperto, dove bastava un cambio di direzione ed un dribbling secco per aprire il campo in due. La perfezione tecnico-tattica di quel Bayern lo aiutava, ma bisogna dire una cosa: il cambio di gioco tra Ribery e Robben e viceversa, la loro premiata ditta, era e rimane oro colato sull’erba per gli appassionati dello sport.
Ribery ritiro del fuoriclasse, la carriera
Franck inizia a tirare calci al pallone tra Boulogne e Lilla, laddove la Manica si butta nel Mare del Nord. Dopo un’esperienza in Occitania (ad Ales) viene chiamato dallo Stade Brestois; è qui che si fa notare e guadagna il salto: lo chiama il Metz in Ligue 1, dove gioca una buona prima parte di stagione. La sua ascesa irrefrenabile sembra non conoscere limiti quando il Galatasaray lo porta sul Bosforo, dopo soli sei mesi in massima serie: qui ha tutto, gioca la Champions, vive in una delle più belle megalopoli al mondo e abbraccia la fede islamica. Sul più bello però il Gala è afflitto da problemi economici, così Scarface torna in Francia, a Marsiglia. Sul Mediterraneo conquista i media francesi e la fiducia di Domenech, dando vita alla sua esperienza in nazionale: strappa il pass per Germania 2006 in extremis e rimane nel giro fino al 2014, quando un infame infortunio alla schiena lo blocca compromettendogli il Mondiale. E forse sarebbe eroe quel ragazzo sfigurato con una manciata di presenze alle spalle, se la Francia non avesse incontrato l’Italia. Una grande delusione che lui considera lo stesso indimenticabile: “Zidane è il migliore con cui ho giocato … quel Mondiale rimane un’esperienza indimenticabile”. Poi il Bayern, i trofei, la Champions, il suo gemello diverso Arjen, il suo comandante Lahm, la sua guida Heynckes: “Una macchina da vittorie strutturata e organizzata.” Vincerà il trofeo più ambito al terzo e ultimo tentativo: saltò la finale di Madrid per espulsione, si arrese in quella di Monaco al Chelsea di Drogba che incornava in cielo quel pallone al 90’, probabilmente la più grande delusione della sua carriera. Anche grazie a lui però il Bayern approda a giocarsi ancora il trionfo a Wembley, l’anno successivo: la decide il fratello Robben ed è festa, Franck ha vinto tutto, il Bayern porta a casa il triplete negato dall’Inter nel 2010. Si prepara anche a ricevere quel Pallone d’Oro che romperebbe l’egemonia Leo-CR7 ben prima di Modric: dopo l’UEFA Best Player e il Globe Soccer Award sembra tutto apparecchiato: “Metterò il premio sul caminetto” dice Franck. Peccato che quella rimarrà alla storia come una delle edizioni più ingiuste, con il francese inspiegabilmente sul gradino più basso del podio. L’avrebbe meritato, accidenti se lo meritava. Gioca ancora delle stagioni ad altissimo livello, rimane fino a fine 2019 in Baviera, sempre a casa, riscrivendo alcuni record: con 24 titoli è il più titolato di sempre e con 124 marcature è il più grande bomber non tedesco del Bayern.
Ribery ritiro del fuoriclasse, l’Italia
Franck, esaurita la benzina per essere determinante ai massimi livelli, non ne vuole sapere di dire ciao al calcio. La Fiorentina lo ingaggia tra il clamore generale: è giustamente accolto come un Re. Inizialmente sembra essere lo stesso, mette in mostra il meglio del suo repertorio; dopo una partita totale contro il Milan (3-1, gol e assist) viene eletto giocatore del mese di settembre. La viola con lui, Chiesa e Vlahovic, gioca un gran calcio, fino a quando si lesiona la caviglia destra a novembre dicendo addio alla stagione. Al suo ritorno le ruggini sono evidenti, ma riesce a togliersi comunque qualche soddisfazione (prestazioni memorabili con Inter e Juve); a fine stagione non rinnova. Quell’estate, più di un ventennio dall’ultima volta, la Salernitana sta allestendo grandi firme per la Serie A. La destinazione è gradita, figuriamoci alla società che dietro quella schiena vede merchandising a non finire. Franck a Salerno si adatta subito e si sente a casa, diventando ben presto pisciaiuolo dentro. Folgorante l’Arechi pieno per una squadra che non va, incredibile la spinta della città quando si inizia ad ingranare. Purtroppo il fisico lo accompagnerà solo per il primo anno, costringendolo al ritiro pochi giorni fa. Non importa. Quello tra Franck e Salerno è un legame speciale, sugellato da una salvezza impronosticabile scritta nella storia. Forse è la somiglianza con la Costa Azzurra? Il buon cibo? La buona compagnia? Poco importa, Franck ci ha messo le tende e sembra intenzionato a rimanere: “Salerno merita grandi cose” dice. Sarà un preziosissimo collaboratore di Nicola, dal quale cercherà di prendere per osmosi le doti di condottiero e trascinatore, data la sua grande voglia di fare l’allenatore. Franck è stato un grande giocatore, forse sarà un grande tecnico, ma di una cosa sono sicuro, è una persona umile: “Ho lavorato, ho fatto sacrifici, ma quando ho vinto ho continuato ad avere la stessa fame. Certi valori non si possono trasmettere: stanno dentro di te”. Chapeau. Signore e signori, alzatevi in piedi e applaudite Franck Ribery.