Napoli i nuovi arrivi. Luglio 2022, prima in Alto Sangro e poi in quel di Dimaro il malcontento dei tifosi napoletani, atteso visto il finale di stagione non stellare, si misura in base alle (poche) presenze e ai decibel raggiunti dai mugugni dei supporters. Galeotta fù la partita, quella con l’Empoli, che di fatto estromise il Napoli dalla lotta scudetto. Nei vari ambienti la sensazione è questa: il Napoli ha raggiunto un punto di rottura, Spalletti e De Laurentiis non se la mandano a dire e inscenano un romanzo a puntate sui principali quotidiani sportivi che si protrae fino al solstizio d’estate. Allo stesso modo, nello spogliatoio, si sta andando incontro ad una sostanziale rottura con il passato recente dei partenopei. Quando Insigne è già volato in America, le sirene parigine captano le frequenze di Fabian Ruiz che decide di sommarsi all’abbondante cifra tecnica del centrocampo del PSG. Gli arabi dell’Al-Nassr ingaggiano Ospina che pensionerà beatamente tra pozzi di petrolio e ricchi contratti. A metà luglio Kalidou Koulibaly, definito “l’ultimo baluardo del Sud” da Alessandro Barbano sul Corriere dello Sport, va al Chelsea: lascia il Mezzogiorno per la Grande Londra, la Serie A per la Premier League, senza dubbio la goccia che fa traboccare il vaso. Una menzione d’onore merita il Napoletano con la maiuscola Dries “Ciro” Mertens, al quale non viene rinnovato il contratto, che si accaserà a Istanbul sponda Galatasaray. L’unico addio per cui i tifosi sono tristi e non arrabbiati, se ne va “nu pezz’e core”, il bomber di sempre del Napoli, colui che ha battuto i record di Diego, che ha indossato l’azzurro come prima e non seconda pelle. Idealmente per mio modesto parere è lui tra i giocatori dell’ultima decade partenopea a potersi sedere al fianco di Diego. Ma a Ciro è mancato quel trofeo, quella consacrazione, raggiunta la quale sarebbe rimasto a vita sfogliando la rosa dei ruoli in società, dove mi auguro che un giorno possa rientrare. Ma come abbiamo detto è soprattutto la questione Koulibaly a tenere banco tra i tifosi, che perso un top mondiale nel ruolo vogliono risposte e certezze. Ospina, KK, Fabian, Insigne, Mertens, 5/11 di una squadra che fino a poco tempo fa era una certezza della Serie A. Ma Spalletti è insolitamente fiducioso, vengono seguiti pochi nomi, ragionati, in virtù del buon gruzzoletto in dote al DS Giuntoli. Perciò Spalletti a Dimaro dinanzi ai tifosi predica bene – “Vero, abbiamo perso giocatori importanti, ma quelli che sono arrivati portano con loro tante qualità…” – ma razzola male, i mugugni attesi arrivano, in piazza qualche elemento si fa sentire. Però Luciano da Certaldo è animato da una certa convinzione, fa allontanare i dissidenti e continua ad enumerare le qualità dei nuovi arrivi, uomini del comandante, come si direbbe.
Napoli i nuovi arrivi ecco chi sono i volti nuovi
Ed è venuto il momento di conoscerli. In porta sarebbe dovuto arrivare Navas, ma il vero acquisto è il rinato Meret, che sembra essere un altro una volta terminata l’alternanza. Per sistemare la fascia sinistra come terzino arriva Oliveira dal Getafe, che dopo un lungo corteggiamento sceglie di accasarsi sotto il Vesuvio. Un buon talento con l’età dalla sua parte, ma che fino ad oggi vediamo in panca a favore di Mario Rui e del suo mancino. Un altro arrivo sicuro è quello del georgiano Kvaratskhelia, ad oggi possiamo dirlo, il vero colpo del Napoli, che sa tanto di anni ottanta, di frontiere aperte, di quando i grandi maestri dell’est venivano da noi ad insegnare calcio. Non era facile sostituire lo “scugnizzo” Insigne, ma già dalle prime amichevoli vengono a galla le sue qualità: uno spunto e una velocità sorprendenti che si uniscono ad una tecnica palla al piede degna dei migliori trequartisti, dando vita ad un mix di qualità tecnico-atletiche perfette per la posizione che Luciano gli cuce addosso, quella dell’esterno con licenza di rientrare nel 4-3-3 e quella di trequartista alto che si accentra nel 4-2-3-1. Dopo poche partite è già il fulcro del gioco del Napoli, lo si capisce dalla caparbietà con la quale ubriaca e addomestica Alexander-Arnold nel 4 a 1 rifilato al Liverpool, contro il quale il ragazzo dei Carpazi gioca una partita totale. In difesa arriva una strana coppia: Ostigard – Kim. Il primo viene da una buona mezza stagione a Genova che gli regala la chiamata irrinunciabile del Napoli, nel quale per adesso si adatta ad un ruolo da comprimario perché di fianco a Rrhamani gioca il coreano ex Fenerbahce Kim. Un gigante di quasi due metri, anche lui diventa presto una certezza: imperioso negli stacchi e nelle coperture, soppesa la mancanza di velocità pura con un grande senso della posizione, adattandosi alla manovra alta del Napoli, dove spesso difende in ampiezza viste le frequenti sovrapposizioni dei terzini con gli esterni. Entra a pieno titolo tra i difensori top di questo campionato dopo la gagliardissima partita con il Milan, vedere gli highlights per credere. A centrocampo si procede con il riscatto di Anguissa prima che il mercato del Napoli vada in letargo con i tifosi non proprio esaltati, fino all’ultima settimana. Settimana che regala botti, all’arrivo di Ndombele seguono Simeone e la stellina Raspadori. Il cholito è il 9 di riserva perfetto, a Verona ha dimostrato le sue qualità, il Napoli punta su di lui anche per la questione fisica che spesso attanaglia Osimhen. Raspadori è la ciliegina del mercato, la stella che era promessa prima all’Inter poi alla Juve, il giocatore italiano che altri grandi club hanno accantonato per vie più esotiche. Nonostante gli ultimi regali di AdL nella piazza non si respira comunque una buona aria, ma basteranno poche settimane per cambiare la direzione del vento, per far capire che un ottimo mercato non è fatto solo di nomi. Infatti è dopo lo show contro il Liverpool che salgono tutti sul carro di Luciano. Si respira una nuova aria, inebriante, insolita, potemmo dire svecchiata. Il Napoli di questa stagione è una squadra nuova, giovane, propositiva, che gioca un calcio avvolgente senza ricorrere al tiki-taka catalano.
Napoli i nuovi arrivi questa squadra è da scudetto
Ma può questa squadra ambire al tricolore? Banalmente fermandosi ai numeri viene da dire sì, ma possiamo cogliere ben altro. Il Napoli per la prima volta da dieci anni a questa parte gioca senza avere un giocatore di riferimento, forse lo diventerà Kvara, ma è sotto gli occhi di tutti che in questa stagione lo spogliatoio si sia svuotato da personalismi ingombranti, come quelli di KK e di Insigne. Ingombranti non vuol dire nocivi, attenzione, ma vuol dire predominanti. Il ministro KK, l’istituzione della difesa, ha trovato una reincarnazione orientale in Kim con la differenza dell’età e della responsabilità, ovvio che compiti di trascinatore il coreano ancora non li ha, e quale situazione migliore se non questa per diventare grande difensore in Italia? Capitolo capitano. Non me ne vogliano i suoi estimatori, ma con i gradi da capitano Di Lorenzo sta svolgendo un ruolo importante, sempre sul pezzo, mai a testa bassa come l’Insigne degli ultimi tempi, Lorenzo aveva esaurito pile e voglia, secondo me. Ed è stato sostituito da Kvara, un’iradiddio, che non lo sta facendo rimpiangere, il ragazzo è fatto di buona pasta come ci dicono le sue prestazioni e anzi riesce a dare molta più varietà e inventiva dell’ex capitano. Infine per l’attacco Raspadori e Simeone sono quello che non è stato Petagna nell’esperienza napoletana. Lo si vede quando entrano, quasi sempre decisivi e pronti a fare quella giocata per il bene del collettivo o a insaccare palloni decisivi in rete, come Raspa allo scadere contro lo Spezia. I due attaccanti sono gli ultimi di una lunga serie di “panchinari” che non sono tali, la vera differenza infatti sta nella panchina lunga, molto più di ieri. Si farebbe un torto a Politano non citandolo, o a Lozano ed Elmas. Solo con la panchina giusta e di qualità, come ha insegnato la Juve proprio a spese del Napoli negli ultimi anni, si può arrivare all’agognato obiettivo. La sensazione è che il Napoli appaia più squadra, scarica mentalmente, libera da stelle che in un certo senso erano arrivate alla fine di una parabola luminosa che non si è conclusa con lo scudetto, giocatori senza dubbio fortissimi ai quali le delusioni raccolte negli anni hanno tolto sicuramente qualcosa, creando quell’ossessione tricolore. Lo si vede dall’assenza di ansia per il risultato, oggi il Napoli gioca come fosse sempre 0 a 0, mentre negli anni scorsi sono state molte le partite in cui la squadra si sconnetteva nervosamente, come la già citata Empoli, la Caporetto della scorsa stagione. Credo che gli addii abbiano fatto bene ad entrambe le parti: il Napoli è una squadra diversa, con una nuova freschezza. Per questo secondo me è una candidata per lo scudetto. Obiettivo che potrà essere raggiunto solo con il supporto dei napoletani, che dovranno soppesare emozioni ed impulsi, al fine di far stare tranquilla una squadra e una piazza che spesso rompe il motore nell’attimo più delicato, alle ultime tornate. Se Luciano continuerà a dirigere l’orchestra in tal modo e se i napoletani saranno il vero dodicesimo anche nei momenti più difficili, il Napoli, bello e impossibile, potrà continuare la sua scalata.