SuperNews ha intervistato Marco Negri, ex attaccante di Udinese, Ternana, Cosenza, Perugia e del club scozzese dei Rangers. Cresciuto nelle giovanili dell’Udinese, Negri ha ripercorso con noi le tappe successive della sua carriera, raccontandoci dell’esperienza vissuta alla Ternana e della promozione in Serie B nel 1991-1992, quella nel Cosenza, che lo ha reso “un bomber” sotto la guida di Zaccheroni, e la tappa a Perugia, coronata dalla vittoria dello scudetto di Serie B e dalla promozione in Serie A. Infine, Negri si è espresso sull’attuale campionato italiano, in particolare sui club che quest’anno sono i più attrezzati per vincere lo scudetto, e sull’appuntamento di Champions League tra Inter-Shakhtar Donetsk di questa sera, che sancirà il passaggio del turno o l’eliminazione dei nerazzurri dalla Coppa dei Campioni.
La Ternana è stato uno dei tuoi club più importanti, quello che ti ha permesso di vincere un campionato e di salire in Serie B nel 1991-1992. Che tipo di parentesi è stata quella con la maglia rossoverde? E’ stata fondamentale per la tua affermazione?
E’ stata molto importante, poichè fino ad allora ho avuto un’esperienza solo nell’Udinese, un grandissimo club in cui ero cresciuto. Per me era come stare in famiglia: ero coccolato, conoscevo tutti, andavo ad allenarmi e rientravo a casa, a Monfalcone, dove abitavo. A Udine era tutto molto familiare. Poi, in età abbastanza giovane, sono andato lontano da casa, in una squadra che mi aveva fortemente voluto, la Ternana, un club che già era fortissimo e che mi considerava un tassello importante in più. Sentivo, quindi, la pressione di far bene, di dimostrare che la società non aveva buttato i suoi soldi, di non poter fallire. L’inizio è stato un po’ macchinoso, sentivo delle responsabilità enormi. Non ho brillato da subito, ma alla fine abbiamo concluso bene la stagione: abbiamo vinto quel campionato, raggiungendo tantissimi record, una vittoria che rimarrà nella memoria dei tifosi. Per questo, il passaggio alla Ternana è stato molto importante, soprattutto a livello di maturazione della mia carriera, poiché erano cambiate definitivamente le responsabilità e il mio stesso ruolo.
L’annata dopo, ti sei saputo mettere in ottima luce con il Cosenza, battendo anche il tuo personale record con ben 19 reti realizzate. Come sei arrivato al Cosenza? Cosa ricordi di quell’esperienza?
Con la Ternana avevamo vinto il campionato ed eravamo saliti in Serie B. Purtroppo, però, sono subentrate grossissime problematiche relative alla proprietà e alla contabilità. Erano stati comprati giocatori molto costosi, come Tovalieri, Maiellaro, Taglialatela. La società era ambiziosa e puntava alla promozione in Serie A. Tuttavia, la Ternana aveva fatto il passo più lungo della gamba, non essendo così economicamente solida, quindi ha iniziato a essere in grande difficoltà: non riusciva a coprire gli stipendi dei calciatori ed erano subentrati importanti problemi economici. Per questo motivo, mi è stato proposto di essere venduto per ottenere nuove entrate e consentire alla società di finire quella stagione. Io ero uno di quei giocatori che avevano mercato, così passai al Cosenza, anche grazie all’interessamento della Lazio, che partecipò a quella comproprietà. La Ternana, in questo modo, aveva ricevuto nuove preziose entrate per finire la stagione, che purtroppo, però, si concluse ugualmente male. Per quanto riguarda la mia esperienza a Cosenza, è stata quella che mi ha consacrato “bomber”. Sono stato fortunatissimo quell’anno, perché oltre a giocare con campioni come De Rosa, Marulla, Palmieri, Bonocore, sono stato anche allenato da un professionista come Zaccheroni, che amava questo gioco spumeggiante e offensivo. Per questo motivo, le occasioni per me arrivavano spesso, e io quell’anno sono stato bravo a trasformare molto bene quelle occasioni in gol.
Terza tappa importante della tua carriera calcistica è stata quella a Perugia, nel 1995-1996: hai ottenuto la promozione in Serie A, una promozione che mancava da ben 15 anni. Credi di essere stato protagonista, in un certo senso anche fautore, di quel traguardo? Che atmosfera hai respirato a Perugia?
Perugia è stato un altro passaggio importante. Quando sei un attaccante e metti a segno 18 gol, partecipi necessariamente ad una promozione, attesa da tanti anni e con un presidente ambizioso come Gaucci. E’ stata una grandissima gioia per tutti. Personalmente, ho coronato il sogno che avevo da bambino, quello di poter giocare un giorno in Serie A. Lo ritengo un grandissimo successo, e averlo ottenuto sul campo con il Perugia rimane uno dei traguardi più belli della mia carriera.
La tua esperienza estera nel club scozzese dei Rangers è stata fondamentale: sei stato eletto più volte Player of the Month e ti sei aggiudicato moltissimi riconoscimenti, tra i quali il titolo di capocannoniere del torneo scozzese. Inoltre, sei stato tra calciatori italiani capaci di vincere la classifica marcatori in un campionato straniero, e i tuoi gol ti valsero a livello mondiale il 5º posto nella graduatoria annuale della Scarpa d’oro e l’inserimento tra i primi 100 nel FIFA World Player of the Year 1997. C’è un titolo che ti grafica di più tra i tanti ricevuti? Che esperienza è stata quella nei Rangers?
Purtroppo, il titolo che mi sarebbe piaciuto conseguire mi è sfuggito, ovvero quello della vittoria del campionato, che quell’anno non siamo riusciti a vincere. Il trofeo personale è importante, ma conta di più quello di squadra. Certo, rimanere nella storia come uno dei pochi giocatori che sono riusciti a vincere la classifica cannonieri in un campionato straniero è un riconoscimento che dopo tanti anni fa piacere, ma che avrei scambiato volentieri con la vittoria dello scudetto. Per quanto riguarda i Rangers, si tratta di un club famosissimo. Indossare la maglia blu di quella squadra è un onore che capita a pochi. Grazie a loro, ho avuto la possibilità di giocare in Champions League, un traguardo che da bambino neanche immagini di raggiungere, e di esprimermi davanti a 50.000 persone, nell’atmosfera unica di un calcio completamente diverso da quello italiano. Grandi ricordi e grandi soddisfazioni mi legano ai Rangers, poiché essermi adattato fin da subito ad un calcio molto differente dal mio mi rende orgoglioso.
Nel momento più proficuo della tua carriera, subisci una serie di infortuni e incidenti che seminano ostacoli lungo il tuo percorso. In che modo un atleta supera un periodo che compromette inevitabilmente la sua carriera?
E’ il momento più difficile del giocatore. Giocare a calcio non è un lavoro, ma è un piacere: fai quello che ti piace, ti diverti e sei in ottima compagnia. Quando sei infortunato, ti viene tolto tutto questo. Soprattutto gli infortuni importanti, quelli che ti allontanano dal campo per mesi, sono i più complicati da gestire. Io ne ho subiti diversi di questo genere. Sono tempi duri, in cui inizi ad avere brutti pensieri, non sai se ritornerai mai l’atleta di prima, non sempre hai il supporto della famiglia, che magari si trova lontana da te. Bisogna superare da soli questo periodo che sembra interminabile.
Ti sarebbe piaciuto vestire una maglia in particolare nel campionato di Serie A?
L’aspirazione è sempre quella di giocare nei top club, come Milan, Juventus e Inter. In quegli anni, la Serie A era un campionato fantastico, in cui i migliori calciatori venivano a giocare da noi. Per questo motivo era molto difficile diventare un giocatore di queste squadre. Se ti devo fare dei nomi, ti faccio questi qui: Milan, Inter o Juventus.
Quest’anno, qual è la squadra di Serie A che trovi più equilibrata e in grado di portarsi a casa lo scudetto?
Secondo me, le squadre più attrezzate sono Inter, Juventus e Milan. In particolare, i rossoneri hanno trovato un’armonia incredibile a livello di gruppo. Inoltre, hanno un giocatore fenomenale come Ibrahimovic e hanno preso un bel vantaggio. Chi lo sa. Credo che la sfida scudetto sarà tra questi tre club.
Una domanda sulla Champions League: questa sera l’Inter sarà impegnata nel match decisivo contro lo Shakhtar Donetsk, quello che vale il passaggio del turno. Cosa servirà ai nerazzurri per riuscire nell’impresa?
Servono tante coincidenze: una vittoria dei nerazzurri, sicuramente, e poi aspettare il risultato di Madrid, poiché, come sappiamo, purtroppo il passaggio del turno dipenderà anche da quella partita. Credo che l’Inter debba far propria la partita in casa. L’approccio più giusto sarebbe quello di non farsi condizionare dal match parallelo e di non sentire radioline, di essere focalizzati sulla propria partita e fare una bella prestazione. Alla fine dei 90 minuti, sintonizzarsi e scoprire il risultato di Real Madrid- Borussia Monchengladbach. Per i nerazzurri, il passaggio del turno non si deciderà oggi, al contrario sarà una conseguenza dei punti persi nelle partite precedenti.